Cecilia ci scrive dal Madagascar
Ho un vortice di pensieri,
emozioni che in questo momento vivono dentro di me.
Appena sono arrivata a Tana mi ha stupito il marchio di questo paese che non mi aspettavo di vedere nella capitale: la povertà. Al buio, sotto la pioggia guardavo colpita le piccole e scarne case accanto ai più grandi hotel, emblema di un grande divario sociale anche qui presente. La mattina seguente rischiarata dal sole e i giorni a venire ho imparato piano piano a conoscere questo paese e il suo popolo. Il madagascar è la madre della povertà che è strettamente legata a uno dei problemi maggiori che è la mancanza di istruzione.
Qui ho davvero capito come l’ignoranza possa danneggiare l’uomo dal spingerlo a non lavarsi, al non sapere come coltivare la propria terra o come cucinare il raccolto fino a bruciare la terra stessa. Ma in questo paese povero, sporco io vedo una bellezza che fa concorrenza a tutto il resto. E non parlo solo delle meraviglie dei suoi paesaggi, della particolarità della sua terra rossa, della varietà della sua vegetazione. Fin dal primo giorno che sono arrivata mi sono sentita accolta dapprima dalle piccole suore magnificat che mi hanno amata e trattata con tante premure e attenzioni, ma poi anche dalle persone che ho incontrato lungo il cammino. A volte mi sono sentita come un animale da documentario perché una giovane vazza non è per loro qualcosa di ordinario tanto che a volte i bambini sono scappati alla mia vista dalla paura, ma in tutto questo c’è una grande curiosità e desiderio di conoscere l’altro.
Ed è questo una delle cose che davvero amo: andare incontro all’altro mostrandogli che per me è importante e che desidero conoscerlo e avvertire che anche lui prova lo stesso sentimento. Mi mancherà quando tornerò in Italia salutare la gente per strada, mi mancheranno coloro che seppure non hanno nulla sorridono, mi mancherà il riso per colazione,pranzo e cena, mi mancheranno le dolci ma allo stesso tempo energiche suore magnificat, mi mancherà il Madagascar.